mercoledì 28 gennaio 2015

L' INCUBO PEGGIORE





"La mia famiglia d' origine e io ci trovavamo sulla battigia di una spiaggia che era stata nostra, poco prima che arrivasse lei... stavo cercando di scattare una foto a mio fratello, padre e madre ma sul fondo era anche l' anima di mio nonno. Eravamo più distanti di quanto richieda  scattare un ritratto di famiglia. Non riuscivo a trovare l' attimo giusto per scattare la foto, ero come impedito dal non riuscire a cogliere in posa l' anima del nonno e allora mia madre si è stufata e ha rinunciato.
Erano appena usciti tutti dai ranghi quando è arrivata lei".

"Lei e io ora siamo in auto e procediamo lungo una strada costiera, sono io che guido, giunto al tratto finale della galleria la carreggiata si fa rossa e umida. Le chiedo "ho le allucinazioni? Su cosa stiamo andando?". "Su del sangue idiota! Cosa pensavi?!"

"Arrivava della gente per linciarci, avevamo fatto qualcosa.
Io non ero per nulla preoccupato ma scendevo lungo il crinale mentre lei finiva fuori campo. Mi ritrovavo a camminare in una specie di favela, baracche dentro e vicino ad altre baracche, un villaggio di ultimi e disperati e ladri e fuggiaschi e forse assassini, si avvicinò il loro capo, indossava un cappuccio ma lo riconobbi, era F.F., il bullo delle medie. Non lo vedevo da vent' anni, era cambiato, ma era lui... "tu sei F.F. gli dissi!" e lui, stringendo i lacci del cappuccio per coprire il volto rispose intimandomi il silenzio e con un ghigno allusivo "Non più"

"Finalmente torna in scena lei (a quel punto già mi mancava) sta parlando con la donna di F.F., cercando di mettere a tacere la cosa in cambio di dieci chili di colombiana purissima, ma quella non ci sente.
Abbiamo sgozzato suo figlio con l' ombrello blu rotto che sporgeva dal finestrino e che avevo più volte considerato di buttare via, sempre troppo pigro per liberarmene, finché fu troppo tardi"

"Così arrivarono i gendarmi e uno in particolare, che mi conosceva per i miei precedenti, disse "Ci risiamo" e già sapevo che non me la sarei cavata con poco stavolta. Entrano in scena i miei genitori e mia madre dice "stavo guidando io, lui ha l' aggravante dei farmaci". Ma berretti da sbirro prendono a camminare come scarafaggi guardiani ovunque e allora fuggo disperato balzando oltre al guard rail correndo in direzione ovest, sotto il mare, sopra roccia. Da un lato il dolore acuto di allontanarmi da lei, dall' altro la consapevolezza della necessità di fuggire dalla prigione"

"Ho ucciso un bambino, mi vogliono arrestare, corro lontano e mi ritrovo su una mulattiera a picco sul mare che costeggia capanne abitate da transessuali bellissime. Queste, vedendomi correre e piangere, pensano soffra per amore e intonano un canto di sirene che parla di come si possa rinascere solo dopo aver toccato il fondo, ho paura di metterle al corrente su quanto si sbaglino"

"Ora sto scappando dall' alto in basso, come da bambino in campagna salto giù per le fasce, una dopo l' altra, fino a saltare dentro il tettuccio di una vecchia ford fiesta parcheggiata su uno spiazzo ghiaioso di quella campagna.
Sono seduto sul sedile del passeggero e al volante c'è una donna di colore che parla al telefono. Faccio per scendere e si capisce che sono in fuga... in qualche lingua lei dice al suo interlocutore telefonico di attendere un attimo...
Sono già sceso dall' auto lei attira la mia attenzione e mi guarda negli occhi, non dice niente ma so cosa vuole dire, cosa mi sta offrendo contro ogni logica... allungo la mano aperta sul finestrino e lei allunga la sua, mi sorride anche con gli occhi"

Mi sveglio in lacrime.








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